Chilometro 9288

Da Barlums – Canti d’inchiostro, 2024

Nella Russia zarista di fine 1800, un gran numero di friulani approdò sulle sponde del lago Bajkal, il cuore umido della terra, in cerca di occupazione e di fortuna partecipando alla costruzione della ferrovia Transiberiana. Le condizioni di vita durante i lunghi rigidi inverni siberiani, in marcia su carri gelidi trascinati da cavalli al galoppo sopra spesse lastre di ghiaccio, in preda ai morsi della fame, non lasciarono molto spazio allo svago o alle distrazioni. Ma il sogno di un avvenire migliore, di un futuro sereno, fu un motivo sufficiente che li spinse ad avere un atteggiamento fiducioso e a superare ogni tipo di avversità.

Il brano si apre con le immagini dell’ambiente naturale nell’area di Irkutsk ai nostri giorni. Di seguito un paio di personaggi dell’epoca: un’autorevole contessa e insegnante friulana e uno sregolato operaio della Transiberiana con i suoi incontenibili vizi. A metà, le condizioni di vita estreme dei lavoratori con il costante pensiero rivolto al proprio paese e all’eterna domanda sul perché proprio lì in Siberia. La storia si chiude con la visione di quello che appare oggi davanti al viaggiatore seduto su un treno tra le immense montagne della Transiberiana: come farà il treno ad andare avanti?

Di frequente gli operai friulani fraternizzavano con i cosacchi del luogo, tanto da organizzare feste con musiche, danze e sonore bevute. Il brano non poteva non terminare con un tema popolare cosacco, in omaggio alla fratellanza che unì friulani e cosacchi nelle gelide notti invernali.

Ispirato dal libro di Elvira Kamenščikova “Italiani sulle rive del Bajkal”.

Chilometro 9288
Chilometro 9288 (Friulano)

Su la mont disora ‘l Bajkal
vuardànt ju dal altiplan,
cjàmps imensis di ùa crispa,
profum di resina di pin.

Simpri a timp van li siò ondis,
su la riva bat un cour,
il “cour umit da la tjera”
l’aga sacra dai sciamans.

‘Ntant i claps da la Sumisha
dentre al flum sunin una danza
un sunsûr ca ven da l’aga,
una musica four dal timp.

Su la catedra dal gjinasi
la Contessa di Brazzà,
protetora dai operai,
mari di dus i talians

Cuan chel tren al ralentava
Giuan dal Fai al saltava jù
par un altri got di vodka
e po’ di corsa al tornava su.

‘Ntant il lac, barufânt col freit
ingrumava lastres di glas
in su la riva, menacious,
rugnânt ‘nta la oscuretât.

A galop disora il Bajkal
mil chilometros sui cjars
intuna lastra duta inglassada
co li strentis da la fan.

Da mangiâ nome pan neri
Borodinsky, dur e scûr
che al pais i crodaressin
jessi un cret dut inglassât.

Parcè mai o sin vignûs fint
in Siberia intun desert?
Par destin? Forsit par sielta,
forsit il sium di un avignì.

La locomotiva a coreva dilunç la riva dal Angarà,
centenârs di vӗrsty, miârs di sažen
tra boscaes di sariesârs salvadis e vencjârs…
…dilùnç la scjarpada corevin
le ombrene dai vagons.

Di lontan… una cjadena di monts…
“Cemout ca’l fasarà il tren a zì indenant…?
Là di four… a son nome montagnes…!”

Chilometro 9288 (Italiano)

Sulla montagna sopra al Bajkal,
guardando giù dall’ altipiano,
campi immensi di uva spina,
profumo di resina di pino.

Le sue onde vanno sempre a tempo,
sulla riva batte un cuore,
il cuore umido della terra
l’acqua sacra degli sciamani.

Intanto i sassi della Sumìsha
dentro al fiume suonano una danza.
Un sussurro che viene dall’acqua,
una musica fuori dal tempo.

Sulla cattedra del ginnasio
la Contessa di Brazzacco,
protettrice degli operai,
madre di tutti gli italiani.

Quando il treno rallentava
Giuàn dal Fai saltava giù
per un altro bicchiere di vodka
e poi di corsa tornava su.

Intanto il lago, litigando con il freddo
raggrumava lastre di ghiaccio,
minaccioso sulla riva,
grugnendo nell’ oscurità.

Al galoppo sopra al Bajkal
mille chilometri sopra ai carri,
su una lastra ghiacciata,
tra i morsi della fame.

Da mangiare solo pane nero
Borodinsky, duro e scuro,
che al nostro paese penserebbero
essere una pietra ghiacciata.

“Perché mai siamo venuti
fin qui in Siberia in un deserto? Per destino?
Forse per scelta,
forse il sogno di un’avvenire.”

La locomotiva correva lungo la riva dal Angarà*,
centinaia di vӗrsty**, migliaia di sažen**
tra boscaglie di ciliegi selvatici e salici…
lungo la scarpata correvano le ombre dei vagoni.
Di lontano… una catena di monti…
Come farà il treno ad andare avanti? …Là fuori…
…ci sono solo montagne!”…

* Fiume della Russia siberiana meridionale.

** Versty: Antica unità di misura di lunghezza usata nell'Impero zarista russo, equivalente a 1066,781 m. Si suddivideva in 500 sažen.

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